Introduzione 

L’odontoiatria accademica e quella ad indirizzo biologico (2, 3, 4, 5, 6) hanno opinioni diametralmente opposte riguardo la possibile tossicità sull’organismo umano delle amalgame e di altre leghe che vengono comu­nemente usate dall’odontoiatra. 

Le differenze derivano anche dal fatto che le premesse teoriche e metodologiche delle due Scuole sono diverse . 

La prima infatti cerca essenzial­mente di identificare le cause delle malattie studiando grandi gruppi di popolazioni possibilmente omogenee per la maggior parte dei parametri, tranne per quelli che debbono essere studiati; quindi, attraverso l’elabora­zione dei risultati cerca di arrivare alla significatività statistica e ad una con­clusione logica. 

La seconda invece è più attenta all’individualità biologica e biochimi­ca: studia quindi più in dettaglio la storia ed il decorso di ciascun caso clinico. Inoltre ritiene che, anche se molti individui non presentano danni apparenti dall’esposizione ad una cer­ta sostanza, ciò non esclude che un piccolo gruppo, pur non raggiungendo la significatività statistica, non possa riceverne dei danni perché composto da pazienti più deboli, più anziani o con scarse difese.

Inoltre l’Odontoiatria biologica ritiene che una stessa noxa può provo­care disturbi diversi in individui diversi; infine che un certo sintomo o malattia può essere il risultato, non di una sola causa, ma di una somma di fattori squilibranti che provocano sintomi evidenti solo se agiscono insieme.

Le malattie allergiche, pur essendo in continuo aumento nella società moderna, non hanno ricevuto una risposta terapeutica adeguata dalla Medicina Accademica. 

Per questo esamineremo alcuni approcci alternativi al problema.

Già i medici della Scuola di Ecologia Clinica, durante gli anni venti negli USA, avevano affermato che molte malattie, in particolare le allergie inalanti e da contatto, erano provocate da una sensibilizzazione mascherata agli alimenti, tanto che fu coniato il termine di “Allergia alimentare”.

Tali ipotesi non furono però accettate dalla medicina accademica poiché, con lo sviluppo dell’immunologia e degli esami di laboratorio, non si riscontrarono alterazioni immunologiche nei soggetti “allergici”.

Inoltre, nella maggior parte dei casi, non vi era una relazione temporale tra l’assunzione degli alimenti incriminati e la comparsa(o la recidiva), della sintomatologia allergica. 

In realtà tutto il problema deve oggi essere rivisto da una nuova prospettiva per poter comprendere i risultati clinici ottenuti per mezzo dei tests bioelettronici come l’EAVI.

Traduttore

itenfrdeptes


Questo sito web utilizza i cookie per migliorare la navigazione. Utilizzando il sito si intende accettata la Cookie Policy.